Molti edifici aristocratici dormono silenti nel centro di Ceneda, sono memoria di antichi fasti e raccontano la storia dell’insediamento ai piedi del Colle San Paolo che raccoglieva il potere politico e religioso dell’alta sinistra Piave
Trovare i luoghi salienti della storia di Ceneda è opera difficile, se non impossibile, questo centro ha scandito la storia dell’Altamarca negli ultimi millenni, vedendo avvicendarsi popoli, poteri ed eventi. Una passeggiata attraverso la storia degli ultimi mille anni però ci permette di scoprire la Ceneda religiosa e quella aristocratica, un equilibrio ben distribuito tra le viuzze strette fiancheggiate da alte mura. In Piazza Giovanni Paolo I, nella parte settentrionale, il Museo della Battaglia è ospitato nel Palazzo della Comunità, un edificio cinquecentesco secondo la tradizione progettato dal Sansovino e rimaneggiato svariate volte nel corso dei secoli; al suo interno si possono ammirare gli splendidi affreschi romantici del pittore bellunese Giovanni De Min, che illustrano scene importanti della storia cenedese. Oltre la piazza si alza imponente e severo il Seminario vescovile, istituito alla fine del Cinquecento dal vescovo Marco Antonio Mocenigo e uno dei simboli della fede cenedese, costruito in varie fasi nel corso dei secoli, l’ultima risalente agli anni Cinquanta del Novecento. Tutta la parte meridionale è stata ricostruita dopo il terremoto del 1936, che ne lesionò ampi settori. Vicino all’entrata orientale del Seminario, in via del Fante, si trova Palazzo Graziani, un elegante edificio rinascimentale, ornato di trifore e monofore in facciata. Ciò che rende uno scrigno prezioso questo edificio sono i frammenti di decorazioni lapidee lavorate che sono state murate nella parte meridionale: fregi, capitelli, iscrizioni dall’età antica alla medievale. Un mosaico della grandezza di Ceneda che portò il Marson a definirlo, nella sua Guida di Vittorio e suo distretto del 1889 “un piccolo sacrario d’antichità cenedesi”. Ci si porta quindi verso ovest, proseguendo per le vie Porcia e del Montebello, sino a Villa Doglioni Palatini, splendido esempio di abitazione signorile dell’entroterra veneziano.
L’edificio risale al XVIII secolo e fu costruito, come molti di quel tempo, con la duplice funzione di residenza rurale patrizia e azienda agricola legata alle proprietà cenedesi. Al suo interno ospita l’oratorio di San Osvaldo, in passato meta di pellegrinaggio per ex voto e dei fedeli quando veniva effettuata l’annuale fiera bovina davanti alla cattedrale. Si sale verso via Correr, passando sotto il colle di San Rocco, dove in età medievale si trovava il castello dei Da Porcia; qui nel corso dell’Ottocento monsignor Filippo Artico, religioso cenedese nato poverissimo ma animato da un’inestinguibile fede, riuscì con grande sforzo a costruire un grande orfanotrofio per gli sventurati bambini della diocesi. L’edificio purtroppo cadde in rovina nel primo Novecento e non ne rimangono che labili tracce murarie ai nostri giorni, ma l’oratorio neoclassico che domina Ceneda, da lui ricostruito, è uno dei simboli della città. Si prosegue per via Rossi e si passa davanti a Villa Costantini Morosini Papadopoli Aldobrandini, probabilmente il più esteso edificio della città. Costruita nell’Ottocento, fu residenza, ospedale, comando militare in tempo di guerra, casa di riposo, sino all’abbandono sul finire del Novecento. Ha un grandissimo parco con numerosi edifici, gran parte dei quali purtroppo ora cade in rovina ed attende una destinazione d’uso nuova, come richiedono molti cittadini vittoriesi.
Due strutture si sono salvate dal degrado: la Rotonda, un curioso edificio razionalista di forma circolare, con cortile interno che ora ospita le associazioni e mostre temporanee, e la Foresteria, edificata a cavallo tra XIX e XX secolo in stile liberty, posta nella zona più orientale dell’antica proprietà e trasformata in biblioteca civica nel 1977. Risalendo il colle per la via Brevia, si giunge al castello di San Martino, fortificazione tra le più importanti ed iconiche del Vittoriese e sede vescovile che nel corso dei secoli, a partire dal bassomedioevo, ha visto mutare le sue forme nella parte orientale, trasformata in un elegante palazzo da diversi interventi successivi. E’ un interessante ibrido architettonico, con la parte medievale spoglia e priva di piani, caratterizzato dalla pietra nuda sulle pareti, affiancata da edifici intonacati e decorati, con giardini pensili terrazzati e giochi d’acqua. Ritornando a valle seguendo una scalinata che scende dalla fortezza, si giunge a Palazzo Zuliani – Ascoli, ora sede della curia vescovile. L’edificio è curiosamente adagiato sul fianco della collina e si raggiunge l’entrata salendo una scala in pietra: fu costruito agli inizi del Settecento in stile neoclassico, con un ampio portale bugnato e due ampi finestroni tripartiti ai piani superiori. All’interno, le sale furono abbellite dagli affreschi di Gaspare Diziani e Jacopo Marieschi. Scendendo verso sud lungo via Pretorio si giunge alla località detta Tre Venti, perché vi si incontrano tre strade. Qui si eleva uno degli edifici aristocratici più belli ed eleganti di Ceneda, Palazzo Altan, costruito nel XVII secolo dalla famiglia Lioni. Presenta la facciata a nord, imponente e con due curiose entrate laterali, mentre la fascia centrale è riservata ad un doppio ordine di semicolonne con profilo rilevato, quasi a disegnare una scena teatrale. Procedendo da qui per via Cosmo verso ovest si torna alla cattedrale, vero centro nevralgico sin dall’età medievale e luogo di partenza del nostro viaggio alla scoperta della Ceneda nascosta.
Michele Zanchetta