Le statistiche dicono che durante il lockdown abbiamo buttato su qualche chiletto. Ma gli psicologi sostengono che abbiamo fatto bene. Magra consolazione…essere più grassottelle
Ditemi che non sapete qual è stata l’ultima volta che vi siete pesate, e avrete tutta la mia simpatia (comprensione, considerazione, eccetera).
Conosco persone – moooooolto vicine a me – che hanno con la bilancia un rapporto quotidiano. Si svegliano, fanno pipì (suppongo: io è la prima cosa che faccio e quindi penso sia prioritaria per tutti, ma magari mi sbaglio), si fanno la doccia, si lavano i denti e poi si pesano. Possibilmentein mutande (che sono ultraleggere). L’incontro con la bilancia è inscritto nelle loro irrinunciabili abitudini mattutine. Tant’è che lei – la bilancia – è uno tra gli aggeggi tecnologici più sofisticati e/o aggiornati della casa: non solo ti dice il peso, ma anche la massa grassa, la massa magra, i battiti cardiaci, la pressione arteriosa e l’oroscopo. Scherzo: ti fa i tarocchi. Scherzo ancora.
Di preciso non so che dati passi la bilancia perché il mio rapporto con lei è di sana e robusta diffidenza. So che lei mi sta guardando quando mi vede ballonzolare lì intorno, ma io la ignoro. E forse è per questo che ce l’ha con me e che le rare volte in cui mi peso me la fa pagare: mi dice che peso di più. Più della volta precedente. Più di quanto dovrei pesare.
Ho provato a mentirmi assicurandomi che la bilancia mi mente. Ma – ci dev’essere una qualche cospirazione ai miei danni – poi ci si è messa la cerniera dei jeans: ha deciso di non chiudersi. E pure i bottoni della camicia hanno stabilito che la distanza dall’asola era insormontabile. Granparte dei vestiti che usavo in pre-pandemia si sono ristretti. Stando fermi nell’armadio.
Mentre realizzavo che ero vittima di un qualche complotto orchestrato tra il guardaroba e il bagno – dove staziona la perfida bilancia – ho letto un articolo che mi ha rincuorato. Pare che in seguito al lockdown moltissime di noi siano ingrassate, o meglio abbiano messo su qualche chiletto (così suona meglio). Ho anche letto che si è trattato di una reazione “normale”: siamo state bloccate in casa per mesi, eravamo preoccupate e ci abbiamo dato dentro coi cibi di conforto (vedi alla voce: dolciumi, torte, cioccolato, frutta secca, gelati), ci hanno detto che la cucina è un esercizio creativo e abbiamo rispolverato e infarinato i ricettari di mamma e nonna (quelli che prevedono che nella pasta brisè ci siano almeno tre etti di burro o panna). Infine – ditemi se è stato lo stesso per voi ci siamo guardate pochissimo allo specchio. E soprattutto in quegli specchi al neon dei camerini che, se non hanno l’inclinazione imbroglio (avete notato come gli specchi di alcuni negozi ci fanno sembrare magre e longilinee che neanche nei sogni più rosei?), ci restituiscono un’immagine di noi che ci apparenta a un paiolo di polenta terragna.
Perché l’articolo mi è piaciuto se ha spiattellato una verità inconfutabile? Perché aggiungeva che è tutto ok. Che abbiamo fatto bene (a inciccio- nirci). Che i chiletti – quanto adoro i vezzeggiativi! – accumulati a causa dell’eccesso di zuccheri, carboidrati, proteinati eccetera e del ridotto o azzerato movimento ci hanno psicologicamente aiutato a superare il difficile periodo pandemico. Insomma abbiamo sostituito il cinema col plum cake. la palestra con la caponata, la passeggiata con la lasagnata, lo shopping col crème caramel, distraendoci dalle inevitabili preoccupazioni o paure. E la bilancia? Lasciamo che ci guardi con disapprovazione: dalla vita in giù vedrà solo il culone.
E comunque il consiglio è: non pesate vi di mattina. Ma nemmeno di sera (se volete dormire).
Emanuela Da Ros