Villa Priuli
Collocata in via Mazzini, Villa Priuli (in foto) venne costruita, come ci informa l’incisione “1689” presente sulla pavimentazione del porticato d’ingresso, alla fine del XVII dai Priuli, nobile famiglia veneziana.
È composta da un corpo centrale imponente, che è possibile raggiungere mediante una scala a due rampe speculari, e da due ali laterali leggermente ribassate. In aggiunta al corpo padronale troviamo un annesso con pianta ad “L”, un edificio situato nella zona est e una chiesetta consacrata a S. Antonio.
Di particolare interesse artistico sono le statue ubicate nel parco e sulla scalinata d’ingresso, che rappresentano figure mitologiche della tradizione greco-romana, quali Demetra, Ercole, Prometeo e Artemide.
Alla fine del lungo viale d’ingresso si trova un pozzo con l’incisione “ concordia res parvae crescunt”, cioè “ le piccole cose crescono nella concordia”.
In due sale sono stati rinvenuti due dipinti a temperone: uno ben definito, che rappresenta unmotivo floreale con un angelo posto al centro e uno visibile solo a tratti sotto gli strati di pittura che vi si sono sovrapposti con il tempo.
Villa Carli-Grumati
Non si può stabilire con precisione a quando risalga la villa, ma, in seguito ad analisi degli elementi architettonici, è stato possibile datare l’intero edificio al XVII secolo, anche se alcuni esperti sostengono che il nucleo iniziale risalga al XVI secolo(da notare balaustre e balconi in stile rinascimentale).
La composizione della struttura è semplice, armoniosa e simmetrica, formata da un corpo centrale e dalle costruzioni adiacenti ad esso.
È ancora possibile ammirare, al suo interno, il soffitto alla Sansovino, mentre alcuni elementi decorativi sono stati rimossi in seguito al terremoto del 1936, poiché avevano riportato gravi danni.
In seguito al crollo di una porzione d’intonaco, alcuni anni fa, è stato riportato alla luce un affresco raffigurante la veduta del Canal Grande a Venezia, oggi scomparso.
Chiesa di Sant’Elena
Costruita nel 1719 dal conte Tulio Carli, si trova nella zone adiacente a Villa Carli.
La facciata romanica è semplice e molto lineare: presenta solo la cimasa e l’oculo posti sull’ingresso e lo stemma della nobile famiglia è stato rimosso. La struttura comprende un timpano, composto da cornici in rilievo, e un piccolo campanile, situato sopra la sagrestia.
All’interno la pavimentazione è in cotto e sulle pareti ci sono due acquasantiere, dei bassorilievi con le raffigurazioni degli Evangelisti e la tomba di famiglia, riccamente decorata con inserti di marmo rosso e verde di Verona.
Alle spalle dell’altare, anch’esso ornato da inserti di marmo variopinto, si trova la pala anonima della Vergine del Rosario con Bambino, circondata da angeli. Ai suoi piedi sono inginocchiati Sant’Elena, che sorregge una croce(rappresentazione della vittoria) e S. Antonio, che invece reca in mano un giglio, allegoria della purezza.
Questa chiesa non solo era il luogo in cui avvenivano le celebrazioni dei funerali dei defunti appartenenti alla famiglia Carli, ma fungeva anche da punto di sosta durante le processioni propiziatorie, in favore della fecondità delle coltivazioni.
Villa Sbrojavacca-Maffei-Marconi-Zanin
La costruzione della Villa risale al XVII secolo, ad opera dei nobili Sbrojavacca, anche se alcuni elementi architettonici, quali la cinta muraria, le cantine e i granai che vennero adibiti poi ad uso abitativo, appartengono a tempi più antichi.
La chiave di volta dell’arco, che costituisce l’ingresso principale in Via Mazzini, è caratterizzata dalla raffigurazione di una testa, ornata da una corona di alloro e dal tipico copricapo del doge.
L’area retrostante è occupata da un parco, dove è collocata una loggia con volte a crociera.
Si dice che il capostipite della famiglia Sbrojavacca fosse un capitano delle milizie armate sacilesi giunto ad Orsago per diventarne feudatario, come ricompensa da parte del Patriarca di Aquileia, per i meriti militari.
Chiesa Parrocchiale San Benedetto Abate
La questione sulla data di costruzione della chiesa è piuttosto intricata: all’interno dell’edificio troviamo una lapide, che riporta l’incisione “ l’integra fede dei padri dedicò questo tempio a San Benedetto Abate nella prima domenica di settembre nell’anno 1695, per la gloria di Dio infinitamente buono e grande”, mentre in un documento viene riportato l’anno 1676.
Si ritiene che, dove oggi sorge la chiesa di San Benedetto Abate, anticamente si trovasse una chiesa di dimensioni più modeste. A confermare quest’ipotesi vi sono numerosi ritrovamenti: un affresco rinvenuto sulla parete durante delle demolizioni, alcuni resti di ossa umane scoperti durante il restauro, che fanno pensare all’esistenza, in passato, di un cimitero dove si trova l’attuale abside, la traccia di un ingresso ad arco dietro un altare, la comparsa, sotto l’intonaco, di finestre ad arco e il rilievo dell’antico campanile.
È di rilevanza artistica la rappresentazione della Trinità e Gloria di Maria Immacolata e di S. Benedetto, affrescata da Canaletto, sulle orme dello stile del Tiepolo.
Borgo Pavia
Poiché si tratta del primo nucleo abitativo della zona, Borgo Pavia viene considerato il luogo in cui un tempo sorgeva l’abbazia benedettina del IX, andata perduta molto tempo fa e probabilmente inglobata dalle unità abitative nel corso dei secoli.
Qui sorgono gli edifici più antichi: particolare attenzione va all’ex Palazzo Comunale, con la celebre meridiana del XII-XIV secolo. In seguito a numerosi interventi di revisione, sono andati perduti o coperti la maggior parte degli elementi architettonici in stile gotico: sopravvive solo un’ogiva all’ingresso del palazzo.
Sacello in Via Camparnei
Costruito nel 1950 per adempiere ad un voto risalente al periodo dei rastrellamenti nel corso della Seconda Guerra Mondiale, un tempo veniva onorato con una festa paesana, che prevedeva lo svolgimento di giochi della tradizione. Gli abitanti, non accontentandosi delle corse con i sacchi, delle “pignatte” e dell’albero della cuccagna, innalzavano il livello del fossato che scorreva vicino al Sacello, per poi abbandonare delle piccole imbarcazioni alla corrente.
Andar par rivai
Con queste parole, in dialetto veneto, si è soliti indicare l’atto di attraversare i campi mediante le capezzagne, cioè piccole aree di campo non coltivate. In questo caso si tratta del nome dato ad un percorso ciclo-pedonale che si sviluppa nel territorio, pensato per una totale immersione in quello che è l’ambiente tipico della Pianura Padana: boschetti di sambuco e frassino, edera e siepi di media altezza che delimitano campi abitati da ramarri, quaglie e lepri comuni.
Durante il percorso è possibile sostare e ristorarsi in un’area attrezzata con griglie, aree pic-nic e giochi per bambini.
In questa zona si trovano anche le risorgive, rifugio di rane e avicole d’acqua, con rigagnoli utilissimi per l’irrigazione delle coltivazioni.