Me lo sarei aspettato e invece picche. Nessun lockdown per me. Nessuna restrizione, nessun coprifuoco. Manco quell’autocertificazione, che mi avrebbe fatto comodo. Per capire almeno quanti anni ho.
Per mille renne! Qui la faccenda si complica. E io ci capisco sempre meno. Sia perché ormai ho una certa età (non chiedetemi quale perché quando sono nato l’anagrafe dovevano ancora inventarla), sia perché finora mai nessuno mi aveva messo così alle strenne, ehm: volevo dire alle strette.
Dico, io non sono proprio il tipo che legge il giornale ogni giorno, che guarda i notiziari, che s’informa minuto per minuto. Io sono un po’ fuori dal mondo. Il calcolo del tempo per me è più che altro una questione istintiva. Sono capace di dormire per un anno intero, praticamente vado in letargo undici mesi, poi a un certo punto mi capita di sentire un certo formicolio ai piedi, mi sveglio, mi gratto la barba che in undici mesi è diventata ‘na foresta amazzonica più che un cespuglio (e non vi dico cosa mi capita di trovarci dentro, perché so che siete schizzinosi), faccio la mia bella pipì, la scoreggina di rito (si tratta di un rombo che fa sollevare le tegole, ma – fidatevi – in confronto al rumore che fanno le scoregge delle mie renne, la mia è Donizzetti) e poi guardo la posta.
In undici mesi mi arrivano tante di quelle lettere – di carta per lo più – da formare un cumulo grande quanto lo Stromboli. Ovviamente mi metto al lavoro, inforco gli occhiali – va a sapere quante diottrie mi mancano: ci vedo sempre meno – e preparo il bottino. Lo chiamo così, perché i regali che porto ai bambini di tutto il mondo (o quasi: mai capito perché in certe aree anche molto vaste, i piccoli mi snobbino tanto da non chiedermi mai niente) suscitano sempre un piccolo botto di entusiasmo: Uauuuu! Ohhhhh!
Anche questa faccenda, in passato, mi è sembrata un po’ strana: ma come, tu bimbo, mi chiedi un trenino freccialusso e quando scopri che te l’ho consegnato fingi sorpresa. Non è quello che avevi chiesto? Mah, mi sa che si dovrebbe lavorare sulla memoria fin da piccoli. Magari si dovrebbe ricominciare a imparare poesie, filastrocche, canzoni, pezzi di poemi epici. Insomma di dovrebbe allenare la memoria come se fosse un muscolo. Perché può tornare utile (soprattutto se Internet non prende).
Comunque non sta a me scrivere i programmi didattici. Ci mancherebbe. Io sono solo Babbo Natale. Sì, quello a cui avete creduto ciecamente, quello di cui avete dubitato, quello che avete ignorato per un po’, finché non siete diventati genitori, nonni o semplicemente sentimentali.
Bella cosa il sentimento. Io ne ho da vendere, ops! da regalare. Ma nessuno me lo chiede mai, e quindi lo stocco: i mie magazzini ne sono pieni, per la cronaca.
Tornando a noi, in questi giorni sono un po’ in crisi. Sì sì, lo so che lo siete pure voi. Siete costretti a uscire di casa il meno possibile, con la mascherina; dovete mantenere le distanze, non incontrare gli amici, i parenti meno stretti (siamo sicuri che sia un problema? ahahah, ho imparato a essere un po’ cinico con l’età); dovete comunicare con quell’attrezzo obsoleto che è il computer o lo smartphone (è vero o no che deve sempre essere aggiornato se no il sistema operativo al resta indrio come la coda del porzel?) e poi dovete capire di che colore è la vostra regione, certificare al mondo che uscite per comprare le banane e il latte scremato, disinfettarvi la mani duecento volte al giorno e soprattutto ritirarvi buoni e zitti in casa dalle 22 alle 5 del mattino. Tutto sommato, quisquilie.
Per un orso come me, che sta in casa da gennaio al dicembre successivo, mettere il naso fuori non è che sia una priorità. Io metto il naso fuori per lavoro, anche se andrei volentieri in pensione. E’ che non mi ci mandano. Mi sono rivolto pure al patronato: hanno accolto la mia domanda con una risata e qualcuno ha detto: “Bello scherzo”. E chi scherzava? Si dovrebbe lavorare anche sul senso dell’humor, oltre che sulla memoria. Qui si confondono le battute con le batoste. E per me continuare a lavorare, un po’ acciaccato come sono, è pesante. Ma chi ha deciso che in pensione non ci posso andare? Mi si dice che non ho contributi (ho sempre lavorato in nero, cioè al buio, non è colpa mia se non viaggio di giorno), e poi c’è quella faccenda dell’età: quanti anni ho? e qual è l’età pensionabile per un Babbo Natale? Un babbo non va mai in pensione, dicono. Un babbo è babbo finché non passa di grado e diventa nonno. Bisnonno se ha culo. Mah!
Altra cosa: la mascherina. E’ fastidiosa dite? Ma va là che ve le siete fatte di tutti i colori. Pure griffate, che costano un botto. Capisco che non vi andavano a genio le mascherine che Zaia vi aveva fatto arrivare all’inizio, quelle che vi facevano le doppie orecchie da Shrek, e che avevano il logo del supermercato stampato sulla bocca, ma poi la moda ci ha messo lo zampino e zac, vi siete sbizzarriti. E comunque, io giro mascherato da una vita (non penserete che a casa sto col vestitone rosso di pile bordato di pelliccia sintetica, vero? Pure io vado da Intimissimi Babbi) e non mi sono mai lamentato. Cioè, l’ho fatto ma tra me e me, senza postare neanche un commento su Facebabbo. Niente. Io ho la web reputation linda come la vostra cucina durante la prima fase della pandemia.
E allora? Perché adesso bofonchio? Per colpa di quel Dpcbn! Il decreto del Presidente del Consiglio dei Babbi Natale. Da quello che ho capito sono escluso dal lockdown. Io non sono soggetto ad alcuna restrizione. A nessun coprifuoco. Posso circolare liberamente. Scendere dai camini, farmi pungere dagli aghi dell’abete quando mi accuccio per infilare i regali sotto l’albero (chi ha avuto ‘sta pensata?), farmi intravedere nei centri commerciali per dare sostegno morale alle centinaia di controfigure. Insomma per me non è cambiato nulla.
Eppure anche io avrei voluto posticipare questo Natale. Farlo arrivare in primavera, a braccetto con la Pasqua magari. Mangiarmi un uovo sodo invece che quelle castagne che mi tocca togliere dal fuoco bollenti. E cambiare le mie abitudini. Proprio come avete fatto voi. Invece niente. Ci sarò anche questo Natale. Starò con voi. Vi porterò qualche regalo (ammesso che ne abbiate davvero bisogno, perché negli anni passati avete esagerato con gli acquisti) e vi riempirò di sogni, perché lo so fare bene. Ho esperienza. E talento.
Ecco, spero che quest’anno mi chiediate soprattutto di portarvi nuovi sogni, desideri, idee. Tutto ciò che può riempire di vita la vita.
Il virus, dite? Passerà, ve lo assicuro. Panta rei, diceva un mio compagno di banco alle elementari di qualche secolo fa. E aveva ragione. Da vendere, ops! da regalare.
Babbo Natale
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