Paese che vai, matrimonio che trovi. Religioni e usanze locali influenzano il rito e la concezione stessa delle unioni. Iniziamo un viaggio ideale attraverso l’Europa e gli altri continenti. Con molte sorprese. Alcune inaspettate
Se guardiamo alla vecchia Europa ci rendiamo conto che i matrimoni che celebriamo variano molto a seconda del paese e delle tradizioni. Ma in Italia esistono anche minoranze religiose che celebrano il matrimonio in maniera differente, con particolarità derivanti dai paesi d’origine. Un punto in comune è sempre quello della sposa vestita di bianco, colore simbolo di purezza in ognuna delle tre grandi religioni monoteistiche.
Il culto cristiano ortodosso si differisce dal Cattolicesimo sin dagli edifici: spesso le chiese, a pianta greca quindi a base cruciforme con i lati uguali, sono più piccole, dotate di finestre minori. Nel rito, la sposa ha il capo coperto da un velo bianco tessuto a ricamo, e come il compagno regge un cero in mano. Una fede d’oro al marito e una d’argento alla moglie sono i sigilli dell’unione, che sarà anche oltre la morte. La cerimonia si conclude con le corone poste sul capo, un nastro ad unirle e la tradizione del tre, che vede la pronuncia di tre benedizioni, tre scambi di corone, tre passaggi lungo la navata della chiesa.
Nel mondo ebraico, invece, il matrimonio si celebra nella sinagoga, che tradizionalmente è sempre posta all’ultimo piano degli edifici. Qui, davanti al rabbino, i due sposi si guardano sotto un baldacchino retto da quattro pali chiamato huppàh, simboleggiante la futura casa, lei con un vestito bianco, lui con un kittel, una tunica bianca, o con il vestito coperto dal tallit, lo scialle bianco decorato usato durante le preghiere. Dopo le benedizioni e lo scambio degli anelli, lo sposo rompe un bicchiere con il piede: tale rito, che simboleggia la distruzione del tempio di Gerusalemme e l’allontanamento degli Ebrei dalla Terrasanta, ricorda che nessuna cerimonia può considerarsi felice dopo tali dolorosi eventi.
Nel rito cristiano protestante, le unioni assomigliano alle cattoliche, seppur non vi sia un vincolo legato al luogo sacro. Ci si può sposare in chiesa come all’aperto e il matrimonio non è considerato un sacramento, ma ciononostante non vengono meno le pro- messe e quello che prende il nome di atto di responsabilità verso il coniuge. La partecipazione degli invitati è atti- va e le letture possono essere libere, senza vincoli con quelle sacre. Al termine, gli sposi si scambiano gli anelli e firmano il registro dei matrimoni con testimoni e genitori.
Nel rito islamico il matrimonio è celebrato dall’autorità civile, ovvero il sindaco, anche se si tratta di un vero e proprio contratto con Allah, di reciproco impegno. L’Islam è una fede cheabbraccia oltre un miliardo di fedeli, comprendendo popoli distanti migliaia di chilometri, per cui possono esserci differenze di tradizioni a seconda del luogo. Il matrimonio può durare anche diversi giorni, con festeggiamenti prolungati da mattina a sera. Le donne vestono di bianco e hanno le mani colorate di henné, simbolo propiziatorio di fortuna e fertilità, creme e profumi differenti cospargono il suo corpo. Gli uomini hanno più libertà sul vestiario, potendo scegliere se vestirsi tradizionalmente o in modo più informale. Interessante è la tradizione subsahariana islamica, alla nascita dei figli il rito e le promesse vengono ripetute ogni volta per sugellare l’unione familiare.
L’Africa è un continente molto grande, per cui è difficile trovare un rito dominante sugli altri. Di certo, le cerimonie sono caratterizzate dagli abiti con i colori tradizionali locali e da festeggiamenti di diversi giorni. Il rito avviene a casa della sposa, davanti a tutta la comunità, ed è sugellato dal passaggio del bicchiere con vino (Mmai ngwo) dalle mani del padre alla sposa, che a sua volta dopo aver bevuto deve passarlo al futuro marito, solo così si potrà procedere con l’unione.
Il matrimonio buddista è considerato un incontro tra due persone innamorate, due anime, ma non è un sacramento. I cinque sensi sono tutti coinvolti: il rito avviene in un tempio, con l’atmosfera intrisa dei profumi degli incensi, delle luci tenui delle can- dele, dei colori dei fiori. Le preghiere del Sutra del Loto vengono lette dal monaco e gli sposi si scambiano gli anelli, accendendo incensi e candele per onorare Budda per la benedizione ricevuta. Al termine, si leggono le frasi delle promesse di matrimonio. Come per il mondo islamico, ci sono abbigliamenti differenti a seconda dei luoghi e delle tradizioni, ma spesso il bianco integrale è vietato, essendo in Oriente il colore del lutto.
Il matrimonio induista si chiama Vivaha ed è uno dei momenti più importanti della vita di un fedele, infatti, dura tre giorni con cerimonie differenti. Ce ne sono da effettuare con i parenti stretti e con la famiglia, altre solo con gli appartenenti allo stesso sesso, altre tutti insieme. Gli abiti tradizionali sono molto caratteristici e i colori, come i gioielli, svolgono un ruolo particolare. Entrambi nelle vesti simboleggiano il territorio di origine. Per la donna immancabile sono le decorazioni, con l’henné nelle mani e il Mangtikka, un gioiello, in fronte; per l’uomo il turbante adornato di fiori simboleggia la difesa dagli spiriti cattivi.
In Sudamerica, dove la religione dominante è il cristianesimo, sia essa cattolica che protestante, il matrimonio è simile a quello europeo, ma con tocchi di colore nei vestiti: per lei, l’abito può avere dorature come in Colombia, bande colorate come in Venezuela e Ecuador, sottovesti blu come in Brasile o Argentina. Nella zona andina, in particolare Perù e Bolivia, i matrimoni vivono un sincretismo tra il cristianesimo e l’antica religione incaica con il culto di Pacha Mama, la Madre Terra creatrice di tutto e della fertilità. Il rito dei quattro elementi, ma anche l’usare solo acqua pura di montagna, sono ac- compagnati dalle vesti sgargianti degli sposi con disegni geometrici, in piena tradizione quechua.
Nell’Oceano Pacifico, caratterizzato da un pulviscolo di arcipelaghi sparsi, il matrimonio ha differenze sostanziali da luogo a luogo, ma il più famoso è quello della Polinesia, che affascinò sin dal Settecento i naviganti europei alla scoperta di quel mondo sconosciuto. Gli sposi raggiungono in canoa l’isola scelta per il rito, dove vengono curati con profumi e oli e il loro corpo decorato con pitture e fiori. Cinti da vesti tradizionali bianche intessute di piume e felci, con copricapi colorati, in riva alla spiaggia l’officiante liunisce in matrimonio con il mare alle loro spalle, a memoria del mondo di cui fanno parte, dominato dall’oceano.
Michele Zanchetta