L’incentivo fiscale per l’efficientamento energetico si è rivelato un “Robin Hood al contrario”, beneficiando principalmente i proprietari più abbienti

Il Superbonus 110%, introdotto nel 2020 come misura di rilancio economico e di efficientamento energetico, è stato oggetto di numerose critiche per il suo impatto redistributivo. Nonostante le buone intenzioni, l’incentivo sembra aver favorito principalmente i proprietari di immobili più facoltosi, sollevando interrogativi sulla sua equità e efficacia.

Un intervento costoso con benefici concentrati

Secondo i dati dell’ENEA, fino a dicembre 2022 il Superbonus ha comportato una spesa per lo Stato di 68,7 miliardi di euro, attivando investimenti per 62,5 miliardi[5]. Tuttavia, questi ingenti fondi pubblici hanno interessato solo una piccola frazione del patrimonio immobiliare italiano. La Corte dei Conti ha evidenziato che “le ingenti risorse destinate all’efficienza energetica con il Superbonus hanno fino ad ora permesso di intervenire su meno di 400 mila immobili, una quota notevolmente ridotta rispetto ai 57 milioni di unità immobiliari e ai circa 20 milioni di abitazioni principali esistenti nel nostro Paese”.

La regressività dell’incentivo

La Banca d’Italia ha sottolineato la natura regressiva di questa agevolazione fiscale. Secondo la Corte dei Conti, le detrazioni per il risparmio energetico relative all’anno d’imposta 2021 hanno interessato il 5,6% dei contribuenti con meno di 40.000 euro di reddito, contro il 37% circa di quelli con oltre 150.000 euro[3]. Questo dato evidenzia come il Superbonus abbia beneficiato in modo sproporzionato i cittadini più abbienti.

Villette e castelli: i simboli della disparità

Un aspetto particolarmente controverso è stato l’utilizzo del Superbonus per ristrutturare abitazioni di lusso. L’ENEA ha segnalato che tra gli edifici ristrutturati c’è persino un castello in Piemonte, i cui proprietari hanno beneficiato di un sussidio di circa 1 milione di euro[2]. Inoltre, solo 16.348 interventi su 107.500 hanno coinvolto i condomini, dove vive circa il 60% della popolazione italiana, mentre la maggior parte si è concentrata su edifici unifamiliari come ville.

Le critiche e le proposte alternative

Vittorio Cogliati Dezza di Legambiente ha definito “il grande errore del superbonus è stato aprirlo a tutti invece di riservarlo alla platea degli incapienti”, cioè i contribuenti con livelli di reddito medio-bassi non in grado di anticipare la liquidità necessaria. Questa scelta ha limitato l’effetto redistributivo della misura.

Gianluca Ruggieri, co-fondatore di “É nostra”, ha sottolineato che “qualsiasi valutazione finale che guardi solo alla spesa e non anche ai benefici e al benessere dei cittadini, è parziale”. Tuttavia, il fatto che quasi nulla sia andato all’edilizia residenziale pubblica evidenzia una mancata opportunità di indirizzare le risorse verso i settori più bisognosi.

Prospettive future

Il Superbonus 110% si è rivelato un “Robin Hood al contrario”, come sottolineato dall’Ufficio Studi della CGIA. Invece di redistribuire la ricchezza, ha finito per concentrare i benefici nelle mani di chi già godeva di maggiori risorse economiche.

Per il futuro, sarà fondamentale ripensare le politiche di incentivazione energetica in modo da garantire una maggiore equità e un impatto più significativo sul patrimonio immobiliare nazionale. Ciò potrebbe includere misure mirate per l’edilizia popolare, limiti di reddito per l’accesso agli incentivi, o una maggiore focalizzazione sugli interventi con il miglior rapporto costo-beneficio in termini di efficienza energetica.