Nel marzo 2020 il Covid è arrivato come uno tsunami e ha cambiato radicalmente le nostre esistenze, per taluni in modo doloroso e drammatico.
Nel marzo 2020 il covid è arrivato come uno tsunami e ha cambiato radicalmente le nostre esistenze, per taluni in modo doloroso e drammatico. Oltre alle problematiche legate alla malattia, abbiamo sperimentato sensazioni mai provate prima, come l’impossibilità di uscire e il vivere in solitudine o a continuo stretto contatto con i nostri cari. Ma qualcosa di po- sitivo è sbocciato, e inaspettatamente. Un’improvvisa segregazione, senza una certa data di termine, a più riprese lockdown e isolamenti, ma finalmente dopo due anni abbondanti il peggio sembra essere alle spalle. Ci sono state sempre, nella storia dell’uomo, le malattie, ma ne abbiamo una conoscenza molto relativa per gli avvenimenti avvenuti in passato. Sin dalla sua comparsa sulla Terra, l’uomo ha dovuto confrontarsi con i virus: epidemie, pandemie, focolai lo hanno sterminato, al pari delle carestie e delle guerre. Non conosciamo nulla in questo campo dell’età preistorica, forse alcune specie si estinsero a causa di epidemie dalle quali altre si salvarono, magari parzialmente, ma abbastanza da resistere e ripopolare le terre. Ma che impatto ha avuto all’inizio del XXI secolo il covid? Grandi cambiamenti, in ogni ambito: ambientale, sociale, personale, lavorativo, culturale. Abbiamo davanti agli occhi, tutti, le immagini con i canali di Venezia e la costa di Napoli con acqua cristallina e trasparente, si vedevano i pesci e la flora marina. Gli animali selvatici che passeggiavano lungo le strade e nei parchi, arrivando sino ai giardini privati, ma anche stormi di uccelli che si pensavano scomparsi e sterminati. Il crollo dei valori d’inquinamento nelle città e anche in Pianura Padana, luogo di accumulo delle temute particelle volatili cancerogene.
Il silenzio e l’inattività dell’uomo hanno evidenziato come la Natura ha bisogno dei suoi spazi e che è in grado di rigenerarsi nonostante i nostri inquinamenti, di qualsiasi genere. Forse dovremmo fermarci e cercare di vivere più discretamente, più rispettosi degli altri esseri viventi, non considerando, a priori, la Terra, gli animali e le piante come di sola nostra proprietà. Quando
abbiamo ricominciato ad uscire, abbiamo ritrovato un mondo che non riconoscevamo pienamente, e come per istinto e reazione alla prigionia, abbiamo iniziato ad esplorare. Anche gli angoli dietro casa, inaspettatamente belli e interessanti, nuovi scrigni di bellezza comparivano osservando un prato fiorito, un nido con degli uccelli, un airone che si bagnava nel fiume. La rinnovata libertà ha spinto moltissime persone a riscoprire l’attività sportiva come nuovo modello comportamentale. Ormai è normale vedere singoli o gruppi di persone che camminano per la città, lungo gli argini o la campagna; certo, li vedevamo anche prima, ma non così tanti. Altri hanno rispolverato le vecchie biciclette, o ne hanno comperate di nuove, certamente i dati che provengono dal settore sportivo confermano questo trend, visto che secondo stime recenti il mercato dell’abbigliamento sportivo cresce rapidamente, tra l’8 e il 10%, con una crescita globale dell’industria dello sport di oltre 600 miliardi di euro entro il 2025.
Questa scelta di vita diversa comporta vantaggi personali e sociali, infatti, l’attività sportiva implica ad una vita più sana e regolare, con indubbia decrescita della spesa sanitaria. Ne guadagna quotidianamente anche l’ambiente, la scelta di non usare l’auto, ma mezzi verdi, le toglie dalle stra- de e riduce l’inquinamento.
Il covid ha portato le persone a guardarsi attorno, molti hanno scelto di rinunciare al guadagno in favore del tempo libero o di un’autogestione del lavoro. Un grande fenomeno sociale riscontrato è stato quello del Great Resignation, le grandi dimissioni dei lavoratori dipendenti. Trovarsi a contatto con il dolore e la malattia, l’in- certezza e il dubbio, ha spinto a guardarsi dentro, cercare qualcosa per cui vivere e impegnare l’esistenza, e per molti non coincideva certo con il fare un lavoro insoddisfacente o disagevole, ma anche ben pagato ma alienante.
C’è stato il boom, in tutto il mondo, delle start up, le nuove attività spesso personali, legate alle nuove tecnologie ma anche alle vecchie tradizioni quasi scomparse: l’artigianato ne ha beneficiato, quanto la piccola produzione di nicchia, arricchendo un mercato sempre più in espansione. Che senso ha lavorare tutto il giorno e pensare solo a quello se magari tra una settimana non ci sono più? Più delle crisi economi che sistemiche, ha potuto la paura della morte, ha permesso a molte persone di guardarsi dentro e trovare la forza per incominciare una nuova vita.
Altro settore in perpetua crescita dopo il covid è quello della cultura, si parla di una vera e propria rinascita d’interesse come confermano i dati degli ultimi due anni. La curva non accenna a diminuire, le persone frequentano i musei e le città d’arte, con numeri sempre più vertiginosi. Hanno fame di cultura, hanno riscoperto quanto sia piacevole visitare una mostra o una città, imparare come vivevano nel passato quanto scoprire quanto sia bello leggere. In questo ambito, i dati licenziati dalla Federazione Europea Editori parlano di un boom progressivo della vendita dei libri, perché gli europei hanno capito che chi legge vive meglio e cresce intellettualmente. Anche il mercato della musica è in net- ta crescita, quest’anno si sono registrati numeri mai visti in passato, sia nella musica leggera che in quella classica. Evidentemente avevamo bisogno di fermarci, scoprire i nostri problemi e farli emergere, conoscerli, in tal senso il covid è stata un’esperienza formante e da non dimenticare.
Michele Zanchetta